repetita iuvant

Una via per arrivare a comprendere cosa sia successo durante questo mezzo secolo è quella di pensare al delicato equilibrio tra due istanze che si confrontarono nell’ambito delle scelte effettuate, che potremmo denominare istanze ad intra e istanze ad extra, due facce della stessa medaglia. La Chiesa ha quella che chiameremmo una sua propria vita interiore, una vita liturgica, sacramentale, spirituale e intellettuale, definita dalla confluenza di Sacra Scrittura, sacra tradizione e magistero, e questa vita dev’essere accudita, alimentata, protetta, approfondita, affinché resti in vigorosa salute. Allo stesso tempo la Chiesa ha un mandato missionario permanente, una chiamata a spingersi fuori nel mondo dei non credenti, per predicare loro, convertirli, santificarli, riconoscere i loro errori e affrontare i loro problemi. San Giovanni XXIII, un papa molto tradizionale sotto tanti aspetti, aveva la nobile intenzione di portare i tesori della vita interiore della Chiesa a beneficio della modernità e del mondo moderno. È a questo fine che riunì sia il Sinodo Romano sia il più celebre Concilio Vaticano II: voleva che la Chiesa cattolica irradiasse tutt’intorno la verità e la luce di Dio, che intensificasse quell’attività apostolica che era già fiorente sotto il Venerabile Pio XII. Quel che invece è venuto fuori dal Concilio e dagli anni immediatamente seguenti è ben noto. La Chiesa ha attraversato un periodo di amnesia ad intra e come per effetto di un avvelenamento ha smarrito se stessa ad extra. Si è dimenticato che se la casa, se la propria anima, è in disordine, non si avrà nulla da offrire al mondo; che la predicazione della Buona Novella ai non credenti è efficace solo fintanto che ci sia un bene trascendente che li aspetti quando arriveranno in chiesa. Ma invece di richiamare il popolo di Dio a un salutare pentimento e inaugurare un globale restauro ad intra, papa Paolo VI e innumerevoli uomini di Chiesa spinsero progressivamente verso una mal concepita agenda ad extra, con risultati sempre più incoerenti. La promulgazione di una forma liturgica radicalmente nuova fu il sigillo di questa traiettoria modernizzatrice e soffocò per qualche tempo la memoria e l’identità istituzionale. Tutto ciò che mostrava un forte legame col passato venne guardato da numerosi chierici e laici come qualcosa di pericoloso, un ostacolo alla missione della Chiesa nel mondo, alla sua efficacia, all’umiltà e alla povertà. In breve, la storia della Chiesa dal Concilio a oggi è una storia di incessanti sforzi ad extra senza risorse interiori sufficientemente profonde o, peggio, distorte o soppresse. Come molti hanno fatto notare, nei circa cinquant’anni trascorsi da allora è sembrato spesso che la Chiesa istituzionale si sia preoccupata più degli atei, dei modernisti, e di ogni sorta di non cattolico che dei suoi propri figli fedeli, che vogliono credere quel che si è sempre creduto e vogliono vivere in santità come uomini e donne di ogni tempo hanno sempre cercato di vivere: “nel mondo ma non del mondo”.

(Peter Kwasniewski, “Rinascita: La messa tradizionale come soluzione alla crisi della Chiesa”, trad.it. Andrea de Meo Arbore, Ed. Fede&Cultura)

Anzitutto, dobbiamo avere ben chiaro che prima di tutto non c’è l’obbedienza, semmai la verità e la carità; ed è per questo che l’obbedienza, rettamente intesa, non è mai cieca. Nell’ordine dell’essere viene prima la verità, e quindi l’amore per questa verità, e solo a questo punto l’obbedienza, che è l’unica risposta appropriata della volontà alla verità, che deve essere amata per sé stessa. Si tolga la verità e verrà meno l’amore; si tolga l’amore e verrà meno la radice dell’obbedienza5. Il Nuovo Testamento insiste ripetutamente sull’obbedienza ai comandamenti del Signore come manifestazione della vera carità.
[Peter Kwasniewski, La vera obbedienza nella Chiesa: Una guida al discernimento in tempi difficili, Fede&Cultura 2023]

 

repetita iuvantultima modifica: 2023-02-04T14:54:19+01:00da sedda-co
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