“obbligo-verità”

Luisella Scrosati che scrive da anni per il giornale web “La Nuova Bussola Quotidiana”, ultimamente ha rivolto la sua attenzione ai lefebvriani, da lei frequentati per un lungo periodo.
– Un recente articolo sullo stato delle cose si intitolava Chi salva la Chiesa con un videocommento di Giovanni Zenone
– Il primo articolo dedicato alla FSSPX ha iniziato a descriverne lo status giuridico dalle sue origini a seguire Delusi da Roma, ma seguire i lefebvriani non è la soluzione
– Un secondo articolo approfondiva le quattro ordinazioni episcopali celebrate dal fondatore Lefebvriani: tolta la scomunica, lo scisma resta
– Il terzo articolo affronta il problema dell’illegittimità dei vescovi FSSPX cui discendono le ordinazioni presbiterali da loro effettuate FSSPX, il ministero dei sacerdoti è illegittimo. Ecco perché
– Il quarto articolo illustra come la ragion d’essere addotta non giustifica l’irregolarità perenne Lo “stato di necessità” da solo non legittima la FSSPX
In difesa della FSSPX è arrivata puntuale la risposta di Radio Spada, oltre a voci di contorno come Aldo M. Valli o Corrado Gnerre, per non parlare dell’inconfondibile Marco Tosatti. Da ultimo si aggiunta una toccante riflessione del direttore NBQ in difesa della redattrice.

In un articolo precedente la corrente polemica, intitolato 2023, fuga dalla Chiesa cattolica. Che però resta l’unica vera, la medesima autrice riepilogava le attuali erronee posizioni in risposta alla confusione regnante. Già per tale articolo dovette rispondere a critiche allora avanzatele proprio in merito alla FSSPX: lettere alla redazione: perche’ non possiamo andare via dalla chiesa cattolica. La considerazione di queste risposte in particolare, risulta essere più pragmaticamente interessante (cioè utile) al lettore comune, ovvero al semplice fedele in cura d’anime. Pare infatti che i sacerdoti di detta organizzazione diano delle indicazioni che niente hanno a che vedere con lo “stato di necessità, grave, estrema, comune” che dir si voglia, con cui giustificano la loro posizione canonica irregolare. Le indicazioni sotto esposte attentano alla salus animarum dal momento che privano il fedele di Messa e sacramenti della Chiesa Cattolica, dai lefebvriani ritenuti illeciti per come vengono celebrati.

Resta poi la posizione di chi riconosce formalmente il pontefice regnante, lo menziona nel Canone della Messa e, pur non trovandosi in una situazione di autocefalia, in quanto i vescovi non reclamano alcuna giurisdizione, si trova però in quella di una sostanziale autoreferenzialità. È il caso della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) e della cosiddetta “Resistenza”, nata da mons. Richard Williamson, uno dei quattro vescovi consacrati da Lefebvre nel 1988 [e oggi negazionista dell’Olocausto].
Il problema di questa posizione non sta nelle critiche sollevate ad alcuni documenti del Vaticano II o alla riforma liturgica, critiche che sono state ritenute legittime dalla stessa Santa Sede, all’epoca dei colloqui bilaterali con la FSSPX, ma nel fatto che “per prudenza” si ritenga che tutto il Magistero della Chiesa, dal Vaticano II incluso a papa Francesco, non abbia una reale autorità magisteriale. Da qui il rifiuto delle encicliche, del Catechismo della Chiesa Cattolica, del nuovo Codice di Diritto canonico, dei “nuovi” santi canonizzati, come anche la proibizione di partecipare attivamente alla “nuova Messa” e, per ogni sacerdote, di utilizzare particole consacrate nella “nuova Messa”. Inoltre, il rifiuto categorico di accettare l’invito di porsi nell’orizzonte dell'”ermeneutica della riforma nella continuità” e della “riforma della riforma”. E quella autoreferenzialità per cui l’istanza ultima, per definire eresia o ortodossia, non è la Santa Sede.

È un fatto che la Fraternità San Pio X non sia canonicamente nella Chiesa, anche sotto il presente pontificato; e questo per esplicita volontà sua, avendo rifiutato più volte proposte di regolarizzazione canonica, dalla “proposta Ratzinger” del 1988 a quella più recente sotto Benedetto XVI. E perché i lefebvriani non hanno accettato questa proposta? Perché vuole mantenere una libertà propria, senza dover sottostare ad un’autorità superiore, che ritiene inaffidabile. Posso comprendere la scelta, ma è un fatto che da quarant’anni la Fraternità San Pio X non è canonicamente nella Chiesa ed è divenuta in tal modo totalmente autoreferenziale.

Forse nemmeno molti di quelli che stanno frequentando i lefebvriani sono al corrente di alcuni di questi comportamenti. Per esempio:
– Un sacerdote della Fraternità San Pio X, quando celebra in una chiesa che non sia della stessa, non può dare la comunione con le ostie presenti nel Tabernacolo perché non si è sicuri che siano state consacrate validamente. Ora, notare la logica sottesa a un tale comportamento: non si tratta di dire che ho elementi oggettivi per dubitare che quel preciso sacerdote, in quella precisa circostanza, abbia consacrato validamente; per la Fraternità San Pio X il problema è che si tratta di ostie consacrate nella “Nuova Messa”. Quella Nuova Messa che i sacerdoti lefebvriani non possono in alcun modo celebrare, e all’interno della quale non possono nemmeno predicare, perché sarebbe una partecipazione attiva. Partecipazione attiva che viene sconsigliata anche ai fedeli.
– Non è un segreto [si può leggere sui social] che i fedeli vengano da loro dispensati dal precetto domenicale se non possono prendere parte alla loro Messa. Quando non possono partecipare a una Messa domenicale della Fraternità, devono santificare la festa in altro modo (per es., pregando il Rosario), ma non andando alla Nuova Messa (e secondo alcuni sacerdoti, nemmeno alle Messe in rito antico, celebrate da altri).
– E quando vi devono andare per ragioni istituzionali o familiari (per es. un funerale), non devono rispondere, cantare e fare la Comunione.

Questo è uno dei tanti esempi che si potrebbero fare e che dimostrano una cosa molto semplice: la Fraternità San Pio X che afferma di essere cattolica, non ammette quanto la Chiesa cattolica nella sua universalità accetta. Viene meno il principio del “securus judicat orbis terrarum”, nel senso in cui lo intendeva sant’Agostino, non nel senso “democratico”.
Altro è presentare critiche alla riforma liturgica, ed altro è rifiutare categoricamente, in quanto “favens haeresim” (cioè che favorisce l’eresia), un rito che è stato universalmente accolto. Gli stessi cardinali Bacci e Ottaviani, che avevano fortemente criticato la riforma (e con molte ragioni), hanno poi compreso che non avrebbero potuto rifiutarne la legittimità, senza rompere la propria comunione con la Sede Apostolica. Presentando il loro “Breve esame critico”, nel sito della casa editrice gestita dalla Fraternità, troviamo questa posizione: Questi studi permettono di affermare che la nuova Messa, […] non può essere in nessuno modo considerata un atto di culto legittimo. Tutto ciò va ribadito con forza, specialmente nel momento presente, in cui le autorità romane hanno ripreso la lotta contro la liturgia tradizionale, e in cui perfino gli Istituti ex-Ecclesia Dei, nonostante celebrino abitualmente l’antico rito, hanno pubblicamente riconosciuto la piena legittimità del Concilio Vaticano II e della riforma liturgica.
Discorso analogo vale per il Vaticano II, per il Magistero successivo, per il Catechismo della Chiesa Cattolica. A questo punto domando chi distribuisca patenti di cattolicità, dal momento che nella Fraternità San Pio X la Messa nuova non è cattolica, il Concilio non è cattolico, il Catechismo non è cattolico, etc. [LUISELLA SCORSATI]

“obbligo-verità”ultima modifica: 2023-08-21T17:41:33+02:00da sedda-co
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