persa la bussola

Ultimamente il giornale web Nuova Bussola Quotidiana ha prestato i suoi riguardi alla Fraternità Sacerdotale San Pio X dedicandole quattro articoli di fila. Al secondo articolo il blog Radio Spada ha pubblicato una prima nota di commento e poi una seconda replica, cui si è aggiunto il rilancio di uno dei tre vecchi articoli linkati da StilumCuriae, intervenuto nella polemica. Radio Spada rimprovera alla NBQ di aver rispolverato «con tre decadi e mezzo di ritardo» polemiche «ritrite», ovvero questioni per loro già confutate, per cui basta rileggere i vecchi testi al riguardo. RS mentre rimprovera l’autrice di parlare in modo decontestualizzato dalle ragioni storiche dell’epoca, ripropone oggi le argomentazioni di allora, proprio come se dal 1976 o 1988 al 2023 non sia cambiato niente…

Lo status questionis appare piuttosto chiaro, proprio quanto il fatto che ad oggi non si sia addivenuti ad alcuna risoluzione delle pendenze. Sul piano giuridico si confrontano prove e controprove a favore della Santa Sede o dei lefebvriani, con criteri di giudizio propri del diritto, cioè interni alla stessa norma giuridica. Di certo, acclarato e pacifico, c’è solo che la situazione giuridica della FSSPX è e resta canonicamente irregolare. Non rimane allora che considerare la situazione di fatto, la realtà in cui si muovono esercitando un certo “servizio per il bene delle anime”. Le parole assieme ai comportamenti, fanno la differenza per una risoluzione caritatevole del dilemma. Non le disquisizioni giuridiche, ma la situazione per come si presenta esteriormente, offre elementi alla vecchietta e al bambino del catechismo (con coscienza rettamente formata) per scegliere dove andare a “prendere la Messa”.

La FSSPX continua a giustificare la sua esistenza – e la sua ragione d’essere – con la tesi dello “stato di necessità”, dedotto dal diritto canonico e descritto nei suddetti articoli. Lo status quo che necessita la loro azione si protrarrà – a parer loro – sino al perdurare della crisi della Chiesa [1⇓]. Poiché il fondatore diceva che la situazione della Chiesa è «umanamente irreversibile», potremo stare sereni che finché non si realizzerà l’intervento divino, lo “stato di necessità” invocato dalla FSSPX resterà perpetuo. La FSSPX considera risolutivo della crisi, nonché condizione per la sua riconciliazione con la Santa Sede, che la Chiesa Cattolica sconfessi in toto il Concilio Vaticano II, praticamente come damnatio memoriae di una pagina di storia della Chiesa.

I lefebvriani si sentono liberi di rifiutare gli insegnamenti [3⇓] del Concilio vaticano II poiché, in quanto magistero ordinario, richiederebbe solo ossequio dell’intelletto senza l’assenso della fede [5⇓]. Perché allora biasimare chi vuole mettere in discussione tale magistero, senza negare l’autorità che l’ha proferito? Perché accusare di ambiguità chi critica senza innalzare barricate che fomentano divisioni? Possibile che il Signore abbia chiamato negli istitituti ex-Ecclesia Dei migliaia di stolti? Don Jean-Michel Gleize (professore a Econe per oltre vent’anni) nel 2019 diceva che, nello scontro tra progressisti e tradizionalisti, loro (lefebvriani) restano come gli spettatori sugli spalti del Colosseo: tifano ora per la belva ora per il gladiatore…

In difesa della FSSPX StilumCurie ha pubblicato un secondo articolo scritto da Cristiano Lugli che usa toccanti parole, sicuramente rispondenti allo spirito di Lefebvre, sebbene ad oggi ancora disattese: È una situazione momentanea, che non potrà durare per sempre, ed è a motivo di ciò che bisogna vedere nell’opera di Monsignor Lefebvre un’opera di passaggio, di transito, di necessario intervento per conservare la Santa Messa di sempre. Sarebbe bello se fosse così, invece l’articolo è accorato e disilluso, perché la realtà è un’altra e si palesa piuttosto bene. Se ai tempi del dialogo si paventarono aperture, le “parole chiare sulla Chiesa” recentemente espresse sono inequivocabili: dal Concilio in poi le canonizzazioni sono dubbie, i sacramenti sono illeciti perché celebrati con un forma diversa dal rito antico, la “nuova” Messa (1969) è da rigettare assieme al catechismo (1992) e al Codice di diritto canonico (1983). Da sessant’anni la Chiesa, nei suoi ministri (di qualsiasi orientamento siano), professa esternamente e insegna al mondo, niente meno che l’errore [2⇓]. Pertanto giustifica lo “stato di necessità”: ad esempio il fatto di non presentarsi al proprio parroco per il matrimonio, dato il rischio oggettivo di dover partecipare a catechesi o funzioni di dubbia dottrina, o anche solo di sembrar aderire alle nuove dottrine, il che è certamente un grande pericolo per il massimo bene, la conservazione della fede. La coscienza di qualunque christifideles è capace da sé di prendere posizione davanti a tali asserti, senza bisogno di aiuti dal pubblico.

Ancora, apprendiamo a chiare lettere da Daniele DI SORCO, Parole chiare sulla Chiesa, ed. Radio Spada 2023, a pag. 132: la Fraternità San Pio X afferma che la nuova Messa, pur potendo essere valida, è però sempre illecita, perché esprime la fede cattolica in modo sostanzialmente ambiguo. Per altri [non lefebvriani] la nuova Messa è semplicemente meno buona della Messa antica, ma pur sempre buona (…) Siamo di fronte a conclusioni dottrinali incompatibili. La liturgia (“riformata”) [4⇓] celebrata ogni giorno in tutto il mondo da almeno un miliardo di persone, a parer loro va debellata dalla faccia della terra. È senz’altro più facile andare a vivere su un altro pianeta, almeno con la fantasia. E non ci sarebbe niente di strano per chi fa utopia, estremismo, isolazionismo, autoreferenzialità, i capisaldi della propria vita religiosa. La S. Messa, di capitale importanza, è pure argomento principe per capire i risvolti successivi al Concilio. Infatti la tormentata riforma liturgica si è svolta negli anni del post-Concilio, mostrando quanto margine ci sia nell’interpretazione e attuazione dei documenti. 

È vero che l’ermeneutica del Concilio fino ad oggi abbia fallito perché ci ha creduto solo Ratzinger. È pure vero però che in seno alla Chiesa Cattolica a sessant’anni dal Concilio è tangibile il ravvedimento sempre più diffuso nell’orbe, con la riscoperta della Tradizione e la sua scoperta ex-novo dalle nuove generazioni nate dopo il Concilio. L’autocritica oramai si espone alla luce del sole contro le deviazioni del Concilio. Mentre i fedeli della Chiesa Cattolica vivono il presente e riscoprono il valore dell’antico, i lefebvriani scelgono di rifiutare tutto ciò che è venuto dopo. Non possono considerarsi “scismatici” perché nessuno ha inteso mettersi a capo di un’altra Chiesa; non sono “eretici” perché rifiutando il Concilio Vaticano II non si contraddice alcuna definizione dogmatica [6⇓]. I lefebvriani vogliono solo sentirsi “cattolici”, pur non sottomettendosi alla Chiesa Cattolica [8⇓], continuando ad amministrare sacramenti validi per quanto giuridicamente illegittimi, come un membro fuori dal corpo…

Infine, siccome è poca cosa sentirsi superiori a quattro papi, bisogna giudicare ciò che fa lo Spirito Santo, con l’intima presunzione di avere la verità in tasca: ovvero ritenersi detentori dell’unica soluzione finale. E mentre ci si condanna all’esilio volontario, continuare a ripetere “restiamo nella Chiesa” è il peggiore insulto all’intelligenza. 
Il prof. Corrado Gnerre in un suo editoriale ha provato a invertire il famoso detto “Parigi val bene una Messa”, in un modo che calza a pennello coi lefebvriani: “una Messa val bene Parigi”, assieme a Roma o Econe e qualunque posto le pecore disperse trovino pascolo [7⇓]. Accasarsi in un certo ovile, però, è una scelta di “campo”.


Don Daniele DI SORCO, Parole chiare sulla Chiesa, ed. Radio Spada 2023
[⇑1] pag.17 : La differenza con la crisi odierna è che quest’ultima è interna alla Chiesa stessa, proviene ed è alimentata, sebbene possa sembrare strano, dai suoi stessi pastori che non si comportano più come tali; ne hanno l’autorità, ma la usano per fare altro, non per portare le anime a Dio.
[⇑2] pag.63 : Totalmente diversa è la situazione degli insegnamenti del Vaticano II e del post Concilio che sono in contrasto con la dottrina cattolica tradizionale. In questo caso, il loro oggetto non in nessun modo la verità, ma l’errore. Ora, una dottrina palesemente erronea non può costituire l’oggetto di un vero atto di magistero, poiché la divina rivelazione non può contenere nessun errore. Se ne conclude che gli atti erronei del Vaticano II e del post Concilio non sono un vero magistero.
[⇑3] pag.67 : Se da un lato è impossibile accettare come magistero gli insegnamenti del Vaticano II e del post Concilio che sono oggettivamente erronei, dall’altro gli insegnamenti che oggettivamente non contengono errori rappresentano comunque un magistero dubbio, a causa del grave sospetto che grava sulla volontà di insegnare con autorità. Ecco perché, in attesa che la Chiesa, una volta terminata la crisi, si pronunci definitivamente sul loro valore, l’unica scelta prudente è quella di sospendere l’assenso e di attenersi agli insegnamenti sicuri che risalgono a prima della crisi, cioè a prima del Concilio Vaticano II.
[⇑4] pag.68 : I nuovi riti approvati dopo il Concilio non sono orientati al bene comune, perché contengono una professione sostanzialmente ambigua della fede cattolica. Di conseguenza, essi non sono vere leggi né possono costituire l’oggetto del magistero ecclesiastico infallibile.
[⇑5] pag.70 : [La FSSPX] preferisce sospendere l’assenso e aspettare la fine della crisi, attenendosi nel frattempo agli insegnamenti sicuri di prima del Concilio e applicando, dove le circostanze lo rendono necessario, i principi della morale cattolica in materia di legge dubbia.
[⇑6] pag.146 : Che la libertà religiosa sia un male non è l’opinione particolare della Fraternità San Pio X sul Concilio, è una verità costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa. Che la nuova Messa non esprima più in modo adeguato la fede cattolica, è ciò che risulta a chi analizzi il nuovo rito alla luce della dottrina di sempre.
[⇑7] pag.149 : E non è neppure possibile affermare che, in fondo, un Istituto vale l’altro e che si può andare a Messa da chiunque, purché si tratti del rito tradizionale. Al contrario, la Fraternità San Pio X è convinta che la frequentazione abituale di tali Istituti e delle loro funzioni presenti un rischio obiettivo di abbandonare a poco a poco la dottrina cattolica tradizionale o di ridurla ad un’opinione fra le tante.
[⇑8] pag.151 : Certo, la crisi attuale della Chiesa ci impedisce di obbedire al Papa e ai vescovi diocesani, perché essi comandano abitualmente cose che si oppongono all’autentica dottrina cattolica. Ma questo non ci autorizza a vivere da indipendenti da persone che obbediscono solo a sé stesse. Occorre al contrario, per quanto possibile, ricreare istituti ecclesiastici organizzati, con superiori e gerarchia, i quali, senza pretendere di sostituirsi alla Chiesa universale, permettano ai loro membri di vivere in società, di praticare l’obbedienza e la correzione fraterna, in attesa che la crisi finisca.

Non è soltanto uno scontro tra quelli che sono “per l’accordo” e quelli che sono contro; la posta in gioco è di portata ecclesiologica, ad essere in gioco è la visione che si ha della Chiesa e della fede cattolica e del ruolo che, nella Chiesa, spetta alla Tradizione. Si tratta di due visioni diverse e difficilmente compatibili: da un lato quella della preservazione di una presunta “Tradizione integrale” soddisfatta di sé stessa e della sua situazione al di fuori delle strutture canoniche della Chiesa; dall’altro, quella di anime che hanno il desiderio di vedere implementarsi le esperienze della Tradizione e si impegnano per farle legittimare e diventare sempre più numerose, nonostante la loro inevitabile ed imperfetta varietà, una varietà che accompagnerà sempre la vita cristiana sulla terra fino al giorno in cui, per grazia di Dio, potremo gioire della liturgia celeste, la quale, essa sola, sarà davvero integralmente e perfettamente armoniosa, senza più neppure l’ombra di una divisione e di un difetto. [don Angelo Citati, fuoriuscito dalla FSSPX]

persa la bussolaultima modifica: 2023-08-22T13:44:38+02:00da sedda-co
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