actuosa partecipatio

Armando Pierucci è un frate minore diplomato al Pontificio Istituto di Musica Sacra con un invidiabile ed encomiabile curriculum vitae. Al momento della ripresa a tutti gli effetti dell’attività corale nelle chiese, p. Armando ha voluto esternare in qualche rigo un suo appello ai coristi di tutto il mondo:

Una parola ai cori delle chiese.
Questi giorni i cori si ricompattano, dopo i riposi estivi e le strettezze del Covid. Qualche coro potrebbe avere la sorpresa di un respingimento. Già dei Vescovi e dei Parroci hanno allontanato dei cori.
La verità è che, dopo oltre mezzo secolo da quel Concilio che aveva messo al primo posto il canto dell’Assemblea, lo scopo non si è raggiunto: si è riusciti a silenziare la musica di altissima arte, ma non a far cantare la gente. Andiamo allo scontro? Non serve.
Del resto si va in chiesa per pregare. Sì, è vero che il canto raddoppia la preghiera; ma se uno prega. I coristi non si offendano se osservo che il cantore guarda più alla partitura e al direttore, che a Nostro Signore.
Torniamo agli inizi, ai tempi delle Catacombe. I Cristiani si riunivano per pregare; avevano pochi canti; e semplici, brevi. Tutti li cantavano. Con la libertà sono venuti gli esperti e i solisti. E hanno rubato il canto all’Assemblea. Ma ora: coristi di tutto il mondo, spargetevi per i banchi!
Sostenete il canto dei bambini, degli anziani, fino a che tutta la Chiesa non sia piena della loro e della vostra voce. Per uno, per dieci anni proclamate un digiuno corale! Poi tornerete ai vostri posti e tutti insieme proclameremo la gloria di Dio.
Questo non è un insulto all’arte: la musica di Bach non sarebbe grande senza i semplici corali di Lutero. (liturgiaetmusica.blogspot.com)

santa-cecilia-e-san-valeriano

Lelio Orsi, XVI sec, “I Santi Cecilia e Valeriano”

Le parole schiette del frate musicista mettono in luce la tensione tra due esigenze della liturgia: accompagnamento musicale (oggi detto “animazione”) e partecipazione dell’assemblea orante alla celebrazione. La perfetta simbiosi dell’assemblea liturgica col coro preposto al canto liturgico, è tanto più difficile quanto superiore è il livello musicale. Il “rinnovamento liturgico” è riuscito «a far cantare la gente»…?
L’introduzione generale del messale romano di Paolo VI ha posto come principio fondamentale la partecipazione (attiva, piena/consapevole, comunitaria) dei fedeli al rito celebrato dai ministri sacri. In realtà questo caposaldo della riforma liturgica era un’istanza già espressa tempo addietro. Se il messale di Pio V considerava il popolo di Dio come “astanti” che capivano poco o niente di ciò che accadeva sull’altare, papa Pio X formula la necessità di maggiore consapevolezza e coinvolgimento vocale degli oranti. Prima delle attuali formulazioni si riconosceva la partecipazione “interna”, attuata cioè con devota attenzione della mente e con affetti del cuore, base della partecipazione “esterna”, manifestata cioè con atti quali: la postura del corpo (genuflessione, inchino, ecc.), i gesti rituali, le risposte, le preghiere e il canto.

martirio-di-santa-cecilia

Orazio Riminaldi, 1620-1625. “Martirio di Santa Cecilia”

  Nel 1903 il Papa san Pio X ebbe a scrivere: «La musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione e edificazione dei fedeli» e proseguiva «…i cantori hanno in chiesa vero officio liturgico» (Motu proprio Tra le sollecitudini del Sommo Pontefice Pio X sulla Musica Sacra, 22 novembre 1903, art. 1: ASS vol. 36, p. 332). Per quanto riguarda i musicisti di chiesa, nello stesso documento prescrisse: «…non si ammettano a far parte della cappella di chiesa se non uomini di conosciuta pietà e probità di vita, i quali, col loro modesto e devoto contegno durante le funzioni liturgiche, si mostrino degni del santo officio che esercitano».
  Papa Pio XII, riallacciandosi al magistero di san Pio X, aggiunse significativamente: «Quanti o compongono musica, secondo il proprio talento artistico, o la dirigono, o la eseguono sia vocalmente sia per mezzo di strumenti musicali, tutti costoro senza dubbio esercitano un vero e proprio apostolato, anche se in modo vario e diverso, e riceveranno perciò in abbondanza da Cristo Signore le ricompense e gli onori riservati agli apostoli, nella misura con cui ognuno avrà fedelmente adempiuto il suo ufficio. Essi perciò stimino grandemente questa loro mansione, in virtù della quale non sono solamente artisti e maestri di arte, ma anche ministri di Cristo Signore e collaboratori nell’apostolato, e si sforzino di manifestare anche con la condotta della vita la dignità di questo loro ufficio» (Pio XII, Lettera Enc. Musicae Sacrae Disciplina, 25 dicembre 1955: AAS , 48 (1956), p. 5 e ss.).
Questo aspetto della “dignità” cristiana di coloro che svolgono l’ufficio (oggi “ministero”) di cantore, si richiama a quanto diceva sopra il buon p. Armando circa il cantore che punta alla perfezione acustica, senza però credere in mezza sillaba del messaggio che foneticamente comunica. Le composizioni sinfoniche dei secoli passati, ma anche le più semplici polifonie, danno al sacro rito un’aurea sublime, la quale però rimane solo apparente senza Spirito Santo. È il rischio del ritualismo e della vana esteriorità, quando il perfezionismo punta alla bellezza estetica e sonora, senza che però si realizzi la divina liturgia che con la grazia tocca il cuore degli uomini. Oltre al suono immateriale e invisibile, occorre riflettere sui contenuti che si cantano. «Sì, è vero che il canto raddoppia la preghiera; ma se uno prega», dice sopra p. Armando O.F.M. La liturgia non è una rappresentazione teatrale, nessuno è spettatore.

Nella Messa vetus ordo (cantata o solenne) l’attiva partecipazione dei fedeli può essere di tre gradi:
a) Il primo grado si ha, quando tutti i fedeli danno cantando le risposte liturgiche: Amen; Et cum spiritu tuo; Gloria tibi, Domine; Habemus ad Dominum; Dignum et iustum est; Sed libera nos a malo; Deo gratias.
b) Il secondo grado si ha quando tutti i fedeli cantano anche le parti dell’Ordinario della Messa: Kyrie, eleison; Gloria in excelsis Deo; Credo; Sanctus-Benedictus; Agnus Dei. Si deve cercare di far sì che i fedeli imparino a cantare queste stesse parti soprattutto con le melodie gregoriane più semplici. Se d’altra parte non sapessero cantare tutte le singole parti, nulla vieta che i fedeli ne cantino alcune delle più facili.
c) Il terzo grado, finalmente, si ha quando tutti i presenti siano talmente preparati nel canto gregoriano da poter cantare anche le parti del Proprio della Messa. Questa piena partecipazione alla Messa in canto si deve sollecitare soprattutto nelle comunità religiose e nei seminari.

actuosa partecipatioultima modifica: 2021-11-18T11:55:48+01:00da sedda-co
Reposta per primo quest’articolo