il fascino dei suoni

Non occorre essere cattolici praticanti per rendersi conto che la liturgia della Chiesa vive, sul versante musicale, una stagione di decadenza, ossia di mancata bellezza. L’assenza pressoché generalizzata di bella musica nelle nostre parrocchie è forse il vuoto più struggente che si avverte all’interno del rito riformato. È il già citato Ferretti, peraltro ex cantautore, a ricordarlo: «Mi capiterà una domenica successiva, a Jaffo, di seguire una messa in inglese, lingua a me incomprensibile. Intristito da canti di gusto melenso pop accompagnati da chitarra e uno schermo di fianco all’altare, grande come l’altare, su cui scorrono a mo’ di karaoke le strofe. Accettando come scontate le ottime intenzioni che hanno prodotto questa riforma liturgica non posso non pregare, con tutto il cuore, perché si ponga termine a tale decadenza senza limite» (Giovanni Lindo Ferretti).

Parola e silenzio, che diventano suono e pausa in musica, se già rappresentano i due poli di attrazione di tutta la liturgia, lo sono in maniera particolare di quella tradizionale: qui, il suono pare assurgere a carnalità trascesa e il silenzio diventa espressione, nell’intimo, di una trascendenza divenuta carne. Siamo soliti considerare, con la visione parziale che ci caratterizza, il silenzio come un elemento opposto alla parola, alla musica; meglio sarebbe dire, invece, che è la medesima parola a mutarsi in canto o in silenzio. Il canto è la parola sovrabbondante, che vuole effondersi; il silenzio è la parola ineffabile, che domanda spazio interiore. Perfino in musica, la pausa non è semplicemente un’assenza di suono, ma una sua diversa forma, avente personalità propria, tanto è vero che anch’essa è detta valore musicale. Tutto, in liturgia, la parola, il canto, il silenzio, proprio come in musica il testo, il suono, la pausa, costituisce un luogo di incontro e di scambio, insomma di dialogo. Un dialogo che, sia nell’azione sacra, come pure in ogni forma musicale, è reso possibile per la presenza dei due veri protagonisti: l’umano e il divino. Natura e Grazia interagiscono nella liturgia e nell’arte.
Vi è pertanto una coincidenza profonda tra musica e liturgia, sia sul piano della struttura, sia per quanto ambedue consentono e favoriscono, cioè una sorta di incontro tra l’uomo e il sacro; spingendo il ragionamento alle estreme conseguenze, si potrebbe anzi dire che la liturgia stessa è una forma, la più alta, di arte, in quanto soltanto essa realizza in maniera totale ed esaustiva il dialogo tra Dio e l’uomo, rendendolo sacramentale.

Nella liturgia non avviene semplicemente una comunicazione tra due soggetti, ma l’auto-comunicazione di Dio stesso alla persona, e questo ex opere operato; per converso, soltanto qui l’uomo è assunto integralmente secondo tutte le dimensioni che lo compongono, mentre è più facile che l’arte porti alla luce, di volta in volta, frammenti del mosaico interiore, più che una trama unificata. È solo per analogia con la liturgia che è possibile attribuire a tutta l’arte, e in particolare alla musica, una certa sacramentalità, o anche una qualità profetica. Dalle osservazioni fatte, emerge chiaramente come «lungi dall’essere materia di semplice ornamento o di arricchimento “emotivo” del culto, certe forme di musica sono elemento intrinseco dello stesso atto di culto dell’assemblea cristiana […]. Anche il solo pensare al “ruolo” della musica nel culto è abbastanza fuorviante. Non si deve pensare, infatti, che qui ci sia già qualcosa che si chiama liturgia, cui aggiungiamo qualcosa di diverso che si chiama musica. Anche se questo può essere un comune punto di vista, è però fuorviante» (AA.VV., Liturgia e musica. Formazione permanente, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2002, pp. 410.414)

Samuele Tamburini – Claudio Crescimanno, “Il fascino della Liturgia Tradizionale”, Collana Quaderni vol. 2, ed. Fede&Cultura

il fascino dei suoniultima modifica: 2022-11-15T15:00:23+01:00da sedda-co
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