P.N.C. e Q.I.

D’altronde, proprio riguardo alla liturgia, J. Ratzinger aveva già avuto occasione di esprimere la propria posizione diversi anni fa: “Alcuni addetti ai lavori vorrebbero far credere che tutte le idee non perfettamente conformi ai loro schemi sono un ritorno nostalgico al passato […]. Non se ne può più! Lo dicono solo per partito preso. Bisogna riflettere seriamente sulle cose e non accusare gli altri di essere partigiani di san Pio V. È un settarismo che non accetto più […]. Ogni generazione ha il compito di migliorare e rendere più conforme allo spirito delle origini la liturgia. E penso che effettivamente oggi c’è motivo di lavorare molto in questo senso, e riformare la riforma. Senza rivoluzioni (sono un riformista, non un rivoluzionario), ma un cambiamento ci deve essere. Dichiarare impossibile a priori ogni miglioramento mi sembra un dogmatismo assurdo”. Occorre dunque ripartire dal concilio, quello vero, poiché solo “se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”; ma una lettura a tutto campo, senza dogmatismi di intangibilità riguardo a quelle innovazioni seguite al concilio e che non necessariamente ne rispecchiano fedelmente il pensiero in ogni aspetto. Ha dunque termine il monopolio, se non numerico almeno culturale, di un certo progressismo che si riteneva l’unico legittimo interprete del concilio, la sola prospettiva con diritto di cittadinanza nella “Chiesa-post-conciliare”. L’onda lunga del Sessantotto ecclesiale ha ormai esaurito la sua spinta. È dunque possibile sottrarre il dibattito alla cappa ideologica che lo ha soffocato nei decenni scorsi, rendendolo di fatto impraticabile. La liturgia è cosa troppo grande e importante per la vita della Chiesa per essere ridotta a campo di battaglia tra progressisti e tradizionalisti. Questa lotta, segnata dai reciproci anatemi, poteva ancora avere un senso negli anni Sessanta e Settanta, in una società ancora per tanti aspetti cristiana, all’interno della quale si confrontavano e si contrapponevano le diverse tendenze e sensibilità. Oggi siamo ben al di là di questo; oggi siamo – e non è il solito luogo comune – in un mondo post-cristiano e ampiamente secolarizzato. A partire da questo fatto fondamentale occorre ripensare la liturgia all’interno della grande opera della nuova evangelizzazione, cioè come parte fondamentale di una rinnovata proposta della fede e della vita cristiana all’uomo di questo tempo. Bando, dunque, ai veti e agli anatemi, e alla riflessione e discussione a tutto campo, perché tutti abbiano la possibilità di dare il loro contributo al necessario rinnovamento della liturgia.

Claudio Crescimanno, La Riforma della Riforma liturgica (Collana Saggistica Vol. 34), Fede&Cultura

P.N.C. e Q.I.ultima modifica: 2022-06-19T18:27:01+02:00da sedda-co
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