penitenziagite

Il nostro Sommo Pontefice ha scelto un nome originale, il primo nella storia a chiamarsi Francesco, riportando in auge il Serafico Padre. San Francesco d’Assisi è da tutti apprezzato in materia di ecologia, ecumenismo, fratellanza universale, ecc. Una figura capace di mettere d’accordo tutti, credenti e non. Sono però aspetti del suo pensiero, magari derivati dalla sua spiritualità, ma che certo non danno consistenza alla sua santità. Perché gli estimatori non provano a condurre il suo stesso stile di vita? Informandosi prima però sulla sua biografia, lasciando perdere il francescanesimo seguente e gli stereotipi culturali. Comprendere realmente la santità di un Francesco d’Assisi è quasi conoscenza mistica. Parliamo di un uomo che nell’assemblea dei santi, si trova oggi tra i serafini, la schiera angelica più vicina al trono dell’Altissimo. Fu assiso tanto in alto tra le anime sante in virtù dei meriti accumulati in vita, frutto di grande pentenza corporale e intenso spirito di orazione; si assimilò a Cristo al punto da rappresentare infatti un alter Christus. Oggi non si riflette più su questo aspetto, per concentrarsi invece su quegli altri considerati più urgenti. È davvero preoccupante pensare che per un cristiano l’ecosistema sia più importante della salvezza eterna, dare priorità all’emissioni di CO2 rispetto alla vita di grazia. Contemplare profondamente santi di tanta portata, aiuta a comprendere come essere santi di fatto, non di nome. Le fonti francescane testimoniano quale rispetto avesse per la sacra liturgia, la resilienza al dolore, la rettitudine morale è sottintesa alla sua severa austerità e il rigore che non transigeva coi suoi frati. Ciò non tanto per questioni disciplinari, ma perché San Francesco interpretò autenticamente l’esortazione alla santità che Dio rivolge nella Sacra Scrittura. Quando si spegne il desiderio di santità, il cristiano resta persona educata, onesta, socievole, ma per Dio mediocre.
«Dobbiamo ritornare ai santi, dobbiamo ritornare ai modelli veri; ai modelli che elevano l’uomo e lo aiutano a far emergere il meglio di sé» (Angelo Comastri). Ciascuno comincia ad impegnarsi per la propria conversione, senza sperare di vedere gli ecclesiastici vaticani in processione per piazza San Pietro come i flagellanti della Roma di San Filippo. Lui diceva che non è possibile restaurare la santità con la riforma delle istituzioni, piuttosto dev’essere il contrario: è possibile restaurare le umane istituzioni con la santità dei suoi membri. Noi professiamo (nel credo niceno-costantinopolitano) di credere nella “santa” Chiesa Cattolica. Lo proclama a voce alta ogni assemblea domenicale, ma la proposizione non è proprio una legge matematica sempre verificata, in quanto ogni battezzato che forma la Chiesa, soffre il proprio peccato che si riverbera fuori di lui. Ci sforziamo di credere che la Chiesa sia santa, non per la propria buona volontà ma grazie al suo capo (Col 1,18). Il Signore nella storia della Chiesa suscita i santi che aiutano a salvare dall’errore; oppure “castiga” la sua Chiesa lasciandola nella melma da essa prodotta. E anche in tal caso non dubitiamo che la sapienza di Dio sia superiore a tutto ciò che siamo capaci di fare noi uomini. “Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui” (Is 53,5) e pure a noi qualche castigo ci fa bene quando ce lo cerchiamo. Per prevenire, preghiamo ancora per la santificazione dei nostri capi, com’è stato per secoli nella liturgia della Chiesa.

Preghiamo per il Papa Francesco.
Il Signore Lo conservi, Gli doni vita e salute,
Lo renda felice sulla terra
e Lo preservi da ogni male.

penitenziagiteultima modifica: 2021-02-14T13:37:31+01:00da seddaco
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