ita me tua grata miseratióne dignáre mundáre

Durante l’anno di postulato trascorso coi frati della mia parrocchia di allora, lessi il primo storico libro pubblicato dal sig. Enzo Bianchi (non più priore del “monastero” di Bose): Pregare la parola. Conservo ancora la fotocopia tutta ben evidenziata e annotata; un libro senza dubbio apprezzabile riguardo al soggetto letterario specificato nel titolo. Il libro si compone di due parti: la prima redatta dall’autore in 70 pagine, la seconda riporta degli appunti schematici sulla lectio divina, la terza parte pubblica due lettere. Il lavoro del curatore è consistito nell’arte di taglio e cucito di testi estrapolati da libri diversi, secondo la tecnica oggigiorno comunemente detta “copia-incolla”. È pure l’orientamento di lavoro realizzato dall’editore Qiqajon, con la riedizione di tante opere della tradizione monastica che erano finite del tutto fuori stampa e fuori commercio. Il pregevole intento ha reso nuovamente leggibili testi di profonda sapienza spirituale. Talvolta la rielaborazione dei testi si completa inserendo nella parte superiore della copertina il nome “Enzo Bianchi” a mo’ di autore del libro. Il tuttologo che senza uno straccio di titolo accademico, quando viene invitato a parlare in una Facoltà teologica tiene lectio magistralis a liturgisti, biblisti,  moralisti, senza peli sulla lingua espone la sua teologia da carpentiere (con competenze trasversali da elettricista e idraulico) con una saccenza che presenta il proprio pensiero come se fosse il Vangelo. È senz’altro vero che San Giuseppe fosse falegname, ma non mi pare appunto che ammaestrasse scribi e dottori della legge.

Con l’attuale ordinamento delle letture, elaborato dalla riforma liturgica postconciliare, si arrivano a leggere (nel ciclo A-B-C) ben i due terzi della Bibbia. Riesce a fare tanto chi frequenta la Messa quotidiana (non solo domenicale…), mentre chi prega l’ufficio delle letture, legge proprio tutta l’intera Bibbia. Alla luce di questo rinnovato spazio dato alla Parola di Dio nella liturgia, non si comprende come nella comunità di Bose abbiano voluto celebrare solo due Messe alla settimana e inventarsi un proprio breviario. Nella liturgia “antica” la Chiesa invitava l’assemblea ad ascoltare la Parola, terminata la parte introduttiva; nella Messa tridentina Dio parla al nostro cuore attraverso l’Epistola, il Vangelo e l’omelia del sacerdote. Il motu proprio del Papa che ha riabilitato la Messa “tradizionale” in latino, ha anche disposto (art. 6) che oggi le letture si possano fare direttamente in lingua corrente, oppure prima in latino e poi tradotte. L’Epistola proclama un passo tratto dalla Sacra Scrittura, quasi sempre l’estratto di una lettera degli Apostoli. La lettura di passi veterotestamentari trovava per lo più spazio nell’ufficio divino (liturgia delle Ore). Il Vangelo poi è il compendio della vita e degli insegnamenti di Gesù. L’omelia infine è la spiegazione della Sacra Scrittura che abbiamo ascoltato, alla luce del Magistero della Chiesa. Come conferma e adesione alle verità di fede, i fedeli sono invitati alla recita del Credo, è la nostra risposta alla Parola di Dio.

Il liturgista è costretto a rilevare che, nella scelta delle nuove pericopi, sono stati determinanti alcuni opinabili criteri di natura esegetica, mentre sono stati troppo poco rispettati quei criteri liturgici in base ai quali erano sempre stati scelti nella Chiesa i brani per le letture. […] Gli esegeti non hanno però pensato al fatto che la maggior parte dei fedeli non è in grado di comprendere tanti brani veterotestamentari perché non ha praticamente alcuna conoscenza della storia della salvezza precedente la venuta del Cristo, e che pertanto il Pentateuco o il Libro dei Re a loro dice ben poco. Per lo stesso motivo il popolo non afferra, lascia scorrer via anche la maggior parte delle nuove letture tratte dall’Antico Testamento. (Klaus Gamber, La riforma della liturgia romana. Cenni storici. Problematica, trad. it., “Documento 10” (suppl. a “Una Voce Notiziario”, 53-54, 1980), Roma, 1980, pp. 49-52).

Circa il ministero del lettorato (di fatto o istituito) la letteratura liturgica ad oggi ha versato fiumi di inchiostro. Bisogna infatti riuscire a comprendere come quel compito che era unicamente dei ministri dell’altare, adesso venga svolto da chiunque al microfono. La medesima parola di Dio che veniva proclamata da ministri ordinati, oggi è competenza di qualunque battezzato formato per svolgere tale servizio. Così qualunque sventurato che prima della Messa abbia il delicato incarico di cacciatore o mendicante di lettori, può raccontare esperienze su esperienze… È meglio però non scherzare sulle cose serie, promuovere la formazione liturgica e, talvolta, stendere un velo pietoso.

ita me tua grata miseratióne dignáre mundáreultima modifica: 2020-10-24T14:57:13+02:00da seddaco
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