Pregio nono

DISTACCAMENTO DA’ PARENTI

Capo IX

Non meno dallo staccamento dalla Roba, è un altro singolarissimo Pregio pei Preti dell’Oratorio lo staccamento da’ Parenti. Sebbene abbiano essi maggior libertà di visitarli, che i Religiosi Claustrali; tuttavia stimano una gran croce, se sono talvolta obbligati di andare alle lor Patrie, né lo fanno senza necessità, o che gli obblighi la legge della Carità. E si vede per esperienza, che affezionandosi a’ Congiunti, a misura che s’invigorisce l’amor della Carne e del Sangue, s’intiepidisce lo Spirito; e per ordinario questi tali escono da se medesimi dalla Congregazione, senza aspettare di esserne cacciati; e ciò per giusto giudizio di Dio, troppo geloso di quel cuore, che si è a lui consacrato. Che se i Figli di S. Filippo debbono vivere distaccati da ogni cosa di questo Mondo, e privarsi di molte cose anche lecite, e permesse fino alle Religioni osservanti, come sarebbe di vedere certe curiosità, per altro innocenti, o di mangiare invitati a Casa di Benefattori, e di Amici (quando ciò non fosse assai di raro, e sempre colla licenza del Superiore); quanto più debbono vivere distaccati da tutti i loro Congiunti, che portano d’ordinario un legame più forte di affetto, e una distrazione maggiore dal servizio di Dio? Persuadiamoci per tanto, Padri, e Fratelli miei amatissimi, esser gran virtù, e nostro gran pregio il saper vivere sciolti da ogni negozio, ed imbarazzo secolaresco, ne’ quali da’ Parenti, ed Amici, sotto finti colori di Carità, siamo infelicemente invischiati con iscapito dello Spirito, e della Pace interna, con disgusto della Congregazione, con discredito presso il Mondo, e spesso con odio di molti. Bisogna premere assai in questo Distaccamento, essendo questo il primo esempio, che ci ha dato il nostro S. Padre, il quale lasciato avendo la Casa paterna da giovinetto, mai più non la volle vedere, né tampoco averne novelle: e può dirsi, che questo sia stato il primo fondamento della sua gran Santità. Or se devono tutti i Figliuoli di S. Filippo studiare di staccarsi da’ Parenti, e in tutto il miglior modo possibile, che non sia contrario alla giustizia, e carità ben ordinata e perfetta; molto più lo devono fare i Novizj, che usciti di fresco dalle lor Case, non hanno ancora cancellate le immagini, e le memorie, che sogliono pur dissiparsi con la lunghezza del tempo. Che però non debbono cercare di visitarli; quando ne sieno ricercati, ricusar con coraggio; e quando pur la necessità, o qualche causa ben giusta ve li costringa, sarà buon segno, se lo faranno con somma pena, con gran timore e cautela, dopo di essersi raccomandati di cuore a Dio, e dopo d’averne ricevuto non solo il beneplacito del Superiore, ma il suo parere ancora, con tale indifferenza, di star di buon grado al sì, e al nò. Il fare altrimenti è un fare al rovescio dello Spirito di S. Filippo; e consta per esperienza, che l’affezionarsi a’ Parenti è un disaffezionarsi nel medesimo tempo dalla Congregazione, eil disaffezionarsi dalla Congregazione è un esporsi a pericolo di lasciarla, e di perdere la Vocazione: e se la Vocazione si perde, eccoci il pericolo della Salute.

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È troppo difficile trovar Cristo fra’ Parenti, il quale non fu rinvenuto inter cognator, et notos, come nota l’Evangelista: sopra di che S. Bernardo esclama: Quomodo te, bone Jesu, inter cognatos inveniam, qui inter tuos minime es inventus? E ne dà la ragione scrivendo ad una sua Sorella, cioè; che i Servi di Dio, che cercano di compiacere, e di procacciare i vantaggi de’loro Parenti, si separano dall’amore di Dio: Servi Dei, qui utilitatem suorum procurant, a Dei amore se separant. Ed il P. Alvarez della Compagnia di Gesù diceva, che un Religioso dev’essere, come un altro Melchisedecco, senza Padre, senza Madre, senza Parenti, né altri, che lo possano privare della sua religiosa libertà. S. Teresa nel suo Cammino di Perfezione dice, che la Monaca, la qual desidera di vedere i suoi Parenti per sua consolazione, e non si stancherà di conversar con essi, non è sana, né avrà mai la libertà di Spirito, e non fa pel suo Monastero. Quando poi li piglia per croce, li vegga pure alcuna volta, per giovar loro in alcuna cosa: ma se gli ama in guisa, che le dispiacciano assai i loro travagli, e volentieri ascolti i loro successi di Mondo, sappia, che farà danno a se stessa, senza giovar punto a loro. Oh se noi intendessimo, che danno ci viene dal molto conversar coi Parenti, come li fuggiremmo mai! La nostra vera Parentela non è col Sangue e colla Carne, che non prodest quidquam; ma collo Spirito, che nella nostra Comunità ci ha formati fratelli della medesima Vocazione. E quanto meno di genio sentiamo verso i nostri Congiunti, tanto più brilla la Fede, che ci dà il vero merito; che non cerca quello che sente, né quello che vede, ma quello che crede; che è il sito, dove muore lo Spirito umano, e vi nasce il divino. Gesù Cristo ha fatto dire a S. Matte, S. Marco, e S. Luca, quali siano i Parenti degni del nostro amore. A chi gli disse, che la sua Madre, ed i suoi Fratelli lo stavano aspettando fuori della porta della Casa, ove allor si trovava, rispose: Che Madre? Che Fratelli? Io non riconosco per Madre e per Fratelli, se non coloro, che fanno la volontà di mio Padre: Quicumque feceris voluntatem Patris mei, qui in Coelis est; ipsa meus Frater, et Soror, et Mater est.

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Sebbene sono forse peggio trattati quelli, che per attacco soverchio a’Parenti s’immergono talmente negli affari della Famiglia, che trascurano le proprie obbligazioni, per arricchirla. Iddio spesso permette, che le cose stesse che si appoggiano alla cura, attenzione, ed industria de’Preti, in luogo di prosperare, rovinino; massimamente poi, quando le Rendite degli Ecclesiastici Benefizj si spendono per ingradirle. Dipoi, come il Mondo crede quasi indispensabile l’obbligazione de’ Preti per assistere i proprj Parenti, questi caricano loro addosso tutti i pesi ed affari più ardui della Casa; indi se riescono bene a loro vantaggio, se ne dimostran contenti almento fino a tanto, che possono operare a lor pro; quando più non possono, li ringraziano con dire, che hanno fatto il lor dovere. Ma se per disgrazia riescono male; sono gli usurpatori di tutto, i traditori della Famiglia. Se donan loro tutto il suo in vita e in morte, non fanno più del debito loro. Se vivendo donan loro poco del proprio; sono ingrati ai buoni trattamenti, che si sono sempre lor fatti, al rispetto, che si è sempre ad essi portato, e nascono facilmente disgusti, dissensioni, e livori.

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Iddio vuole il Sacerdote al servigio suo, non de’Parenti, lo provvede di Rendite per sostentare i Poveri, e adornare gli Altari, non per isprecarle in usi profani. Ma il Mondo, come già diceva, non sa troppo intendere questa verità; siccome pare, che non l’intendesse pure la più degna Famiglia, che fosse in Terra, ch’era quella di Gesù Cristo, (come lo spiega S. Luca in questo proposito): Et ipsi non intellexerunt verbum, quod locutus est ad eos. Ma la intenda il Mondo, come vuole; noi se vogliamo salvarci con sicurezza, dobbiamo attendere alla promessa a Dio fatta, quando abbiam presi gli Ordini Sacri: Dominus pars haereditatis meae; ed alla risoluzione fatta, quando entrammo in Congregazione, di voler servire a Dio, ed alle Anime, non al Mondo, od a’Parenti.

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Se non osserveremo la nostra Regola, e vorremo applicarci ad assistere i nostri Parenti in tutti i loro affari nel troppo amore che portiamo ad essi, perderemo facilmente la nostra Vocazione; perché qual tempo ci resterà per noi a far del bene, e adempiere alle nostre obbligazioni? Oh quanti sono usciti di Congregazione per la troppa tenerezza verso i loro Parenti! Si sono addossata o qualche cura di Anime, o Cappellania, od altri impieghi; e sotto colore di Carità, o di altri pretesti poco sussistenti, si sono fatti Agenti de’ loro Fratelli. Poco a dessi importa, che noi perdiamo la nostra Vocazione, purchè ottengano il loro intento.

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Per lo più molti s’ingegnano di trar fuori dalla Congregazione i loro Figli e Congiunti per maggior suo temporale emolumento, e si studiano di far loro avere Parrocchie, Confessioni di Monache, od altri Benefizj, ed Impieghi che fruttino, per avere poi essi almeno parte delle Rendite, non già per loro necessaria assistenza, o per esser tolti dalla fame, ma per arricchire la Casa; senza riflettere che l’Entrate Ecclesiastiche nelle secolari Famiglie sono come fuoco, che abbrucia dentro e fuori. Detto del P. Tarugi confermato dall’esperienza. E questo chi vuol mai dire, che sia lecito? E chi non vorrà temere di essere punito da Dio temporalmente e spiritualmente? Oh quanti castighi si sono di già veduti! Quanti Padri e Fratelli si sono già pentiti di aver fatto uscire dalla Congregazione Figliuoli e Fratelli, mentre sono rimasti delusi nelle loro speranze! Gli hanno veduti vivere non più da Ecclesiastici, ma da spensierati; ed invece di ricever da loro il preteso ajuto e soccorso, hanno essi medesimi servito di tracollo alla Famiglia. E che si dovrà poi dire dell’Anima di chi ha lasciata sì facilmente la sua Vocazione, e di chi fu cagione di fargliela perdere? Alcuni poi non pretendono tanto, cioè, che escano di Congregazione i loro Figliuoli e Fratelli, per essere da essi soccorsi, ma bensì pretendono che prendano cura negli affari lor temporali, come se fossero Secolari, com’essi, alla Campagna, al Negozio, alla Lite. Ma neppur questo è lecito. Che se i Preti, i quali abitano pure nella Casa del Padre, o del Fratello, non dovrebbero ingerirsi ne’ loro negozi e faccende, per dover attendere agli obblighi dello Stato Chiericale, se non nelle cose permesse e che non impediscono il loro dovere per dover essi attendere agli obblighi dello Stato Clericale, e quanto meno dovranno ingerirsi coloro, che sono a Dio consacrati in una Congregazione (…)

Pregio nonoultima modifica: 2020-08-01T11:03:19+02:00da seddaco
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