Ecce quam bonum, et quam iucundum

Secondo un’antica espressione che, poi, per consuetudine è divenuta col tempo aneddotica nel parlare dei padri dell’Oratorio, quindi in bocca a diversi santi, la casa di Congregazione è il “dolce nido” dei sodali filippini che in essa scelgono per vocazione di dimorare. In quanto preti secolari, di per sé, i preti dell’Oratorio non sono mai stati soggetti ai regimi di clausura tipici dei religiosi; la regolamentazione di ingressi/uscite dalle case è sempre stata niente più che funzionale alla vita comune, per compatibilità col lavoro pur svolto all’esterno. Tuttavia il carattere di stabilità permanente in una casa, unito al proposito di perseverare nell’Istituto per tutta la vita, assume nell’esistenza della persona il valore spirituale di distacco dai parenti e ritiro dal mondo.

Vero è, che questa sì cara e desiderabile felicità non è per tutti quelli, ch’entrano nella casa di San Filippo; ma solamente per quelli, che hanno il bene di perseverare in essa. (…) E per questo diceva uno de’ nostri antichi Padri; “I veri figliuoli di S. Filippo si conoscono alla Sepoltura”. (…) Ognuno dunque di noi dovrebbe dire col V. P. Antonio Grassi della Congregazione di Fermo: “Haec requies mea in saeculum saeculi: hic habitabo, quoniam elegi eam”: per poter poi esclamare, com’egli, nell’agonie della morte: “Oh che bella cosa, morir figli di S. Filippo!” Sebbene, che mai può estrarre un Soggetto, dopo ch’è entrato in Congregazione, ed ha conosciuto il bene, e la felicità, che in essa si gode? Non ci vuol molto. Basta, che il Soggetto ami troppo se stesso, e le cose terrene; che sia duro di cervello, e non voglia cedere a nessuno; o che faccia più conto del suo parere, che della pratica di qualunque minima Regola.
(Opera postuma d’un prete dell’Oratorio di Savigliano, “Pregi della Congregazione dell’Oratorio”, Tipografia Andrea Santini e figlio, Venezia 1826, tomo II, pp. 270-273)

La comunità dei padri filippini di Palermo, conta un soggetto assente dal suo “dolce nido”. L’agosto dell’ordinazione, nel 2018, alcune sere furono ospiti della Congregazione i suoi familiari, che venivano a ricrearsi nella piscina da lui montata in cortile. Il mese dopo qualcuno di loro usciva su PalermoToday con la notizia dell’arresto in flagranza di reato; per rispetto della loro privacy le iniziali erano puntate, mentre uscirono per esteso nella cronaca di Palermo nomi e cognomi dei padri da lui denunciati. Nel quartiere tutti sapevano dell’accaduto, noi in comunità fummo gli ultimi ad apprendere. Per stare vicino ai suoi, nel difficile momento, gli fu dato il permesso di rientrare a casa ogni mattina e, con la scusa, fare un po’ di spesa al mercato (anche se non ne vedemmo mai). La concessione però ancora non bastava, rivendicava il bisogno di uno stipendio (di 1.500€ al mese) col quale mantenere tutta quanta la famiglia. Dopo essersi informato per la cappellania militare, il 15 ottobre volle lasciarci per chiedere di entrare in diocesi. Non fu accolto e dopo assenza e ulteriori ferie, a novembre rientrò a dormire da noi, fino al 19 dicembre, per riapparire la vigilia di Natale. Poiché a stare in comunità temeva per la sua incolumità, di seguito attese a casa sua il momento della visita canonica che puntualmente si tiene ogni sei anni. A conclusione gli veniva offerta l’esperienza di un percorso terapeutico, di almeno un mese, in apposita struttura religiosa, interamente a spese della Congregazione; il padre Visitatore dispose così per riportarlo serenamente alla vita comune, assieme alle persone con le quali visse per anni. Rigettò la proposta e, rifiutandosi di rientrare, continuò a cercare una propria sistemazione. La mattina del giovedì santo 2019 in episcopio, davanti a tutti i presbiteri prima della Messa del Crisma, si offese fino alle lacrime per le parole del vescovo di Palermo: «Io a te non ti voglio vedere! Vai a risolvere i problemi con la tua comunità!». A giugno si presentò da tale vescovo il capo di tutti gli oratoriani, per intercedere in suo favore e pregarlo di volerlo prendere in prova. Dopo averci frequentato per matrimoni, a luglio venne finalmente accolto in diocesi di Cefalù. Contestualmente uscivano sul giornale gli articoli sui «preti bulli dell’Olivella» e il «nonnismo» contro un giovane prete che dopo anni «ha deciso di denunciare». A Blufi affiancò un parroco che tiene due/tre parrocchie e un nosocomio, sino a fine gennaio 2020, quando fece rientro a casa sua, a quanto pare allontanato dalla diocesi. Oggi è quindi nuovamente congiunto ai suoi familiari «di sangue», non al “focolare domestico” di un padre filippino, mentre appunto i padri ancora si prodigano per lui; gli stessi capi mondiali oggi ricercano la soluzione migliore per garantire il suo ministero sacerdotale. Frattanto la comunità dei padri si è fatta carico di due case assieme e fa salti mortali per tirare a campare due Congregazioni. Due padri che viaggiano, un aspirante che da due anni non è ancora spirato, un chierico che da oltre quattro anni serve Messa. Infine, l’importante – per tutti – sarà sempre che sia fatta la volontà del Padre, ad immagine del suo Figlio crocifisso.

Nè vi cada giammai in pensiero, che per la vostra partenza dalla Congregazione sia essa per patirne, perché forse avete dei grandi talenti, o almeno vi pensate di averli; o perché avete acquistato un gran credito appresso la Nobiltà, ed il Popolo; o perché pagate una più pingue pensione degli altri: dove anzi colla partenza di un Soggetto instabile la Congregazione si purga, e potrà dire ciò, che disse Cristo all’ingrato Apostolo Giuda: “Cum ergo exiisset (Judas), dixit Jesus: Nunc clarificatus est Filius hominus: et Deus clarificatus est in eo” [Quand’egli fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui» (Gv 13,31)]
(Opera postuma d’un prete dell’Oratorio di Savigliano, “Pregi della Congregazione dell’Oratorio”, Tipografia Andrea Santini e figlio, Venezia 1826, tomo II, p. 280)

Ecce quam bonum, et quam iucundumultima modifica: 2020-06-16T09:30:03+02:00da sedda-co
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