l’Arbitro

…pensieri di un giovane arbitro in erba…


LA PASSIONE SPORTIVA

Nell’ambito sportivo si può vivere un esperienza in dimensioni molto diverse, a seconda sempre del ruolo che si copre: giocatore, arbitro, allenatore, ecc. Certo è che,  pur non volendoci addentrare in un discorso pedagogico fin troppo complesso, lo sport è un sistema educativo che lascia impressa una certa educazione e una certa traccia di formazione. L’attività fisica migliora la percezione del proprio corpo e dei cambiamenti cui è sottoposto, imparare a conoscerli non può che aumentare il proprio equilibrio psicofisico e la propria autostima. Sotto la sollecitazione del movimento ossa, muscoli, nervi e polmoni migliorano le loro funzionalità e lo sviluppo complessivo è più armonico. Sono benefici facilmente verificabili e misurabili, anche nel lungo periodo. Ma ci sono benefici meno evidenti, anche se altrettanto importanti. Uno stile di vita attivo, infatti, fa bene fa molto bene, anche alla mente. Mantenersi in movimento e praticare sport aiuta a ridurre gli stati ansiosi, a gestire lo stress con maggiore equilibrio. E’ un “modus vivendi”, in sostanza, che può essere considerato un rimedio a più o meno piccole difficoltà, fisiche o di relazione, e soprattutto un metodo efficace per prevenirle.
Lo sport poi, al di là di ogni disciplina nello specifico, vuol dire tante cose per chiunque lo pratichi o sia coinvolto in attività annesse: passione, aggregazione, divertimento, movimento, gusto per il gioco e interesse tecnico. E dagli ultimi scaturiscono tutte le componenti che non sono i giocatori, i ruoli sopraccitati dell’arbitro, dell’allenatore, il dirigente, il preparatore atletico, lo scorer, il team tutto. Per un ignorante in materia sportiva sono figure singolari, a volte insolite e curiose, da che cosa può fiorire la vocazione a queste mansioni? Perché un giocatore smette, per fare l’arbitro o per allenare? Forse dall’ammirazione per l’immagine, dalla stima per qualche personalità, dal disprezzo per il proprio ruolo, da un disagio all’interno del gruppo di origine, dalla ricerca di un proprio spazio nell’ambito sportivo. Comunque da qui deriva la cosa più importante al di là di tutto, cioè che un vero sportivo sa rispettare tutte le passioni, anche quella che qui trattiamo: la figura arbitrale.

FIGURA ISTITUZIONALE

L’arbitro è un “signore” e gli si dà del “Lei”. Queste sono le prime norme di correttezza e buona educazione che devono apprendere allenatori e giocatori. Rivolgersi in modo irrispettoso ad arbitri o ufficiali di campo è sempre passibile di sanzioni disciplinari. Nello sport ci sono tante componenti eppure quella dell’arbitro si può dire che sia l’unica figura istituzionale, oltre a quelle dei dirigenti e presidenti vari. La vera differenza è che l’arbitro è la massima autorità in campo e quindi l’unica figura istituzionale che si ritrova dentro un impianto. I titoli insigniti nella natura arbitrale sono: ufficiale di gara, direttore di gara, arbitro, giudice di gara, massima autorità in campo, seconda figura sportiva.
I caratteri di questo profilo arbitrale sono la divisa e lo stile; non ha niente a che vedere con il gioco o la tecnica, ma a certi livelli diventa rilevante. Ci ricordiamo sempre che l’arbitro, anche al tavolo, è sempre sotto gli occhi di tutti ed è quindi fondamentale che dia la migliore impressione possibile. Riuscire a trasmettere serietà e non bambineria è di grande aiuto anche per la predisposizione che si crea, prima dell’inizio della gara, nelle panchine e negli spalti. Ancora prima già all’arrivo anche la divisa è un fattore estetico straordinariamente incidente, tutto concorre alla presentazione esteriore. Le uniformi danno sempre grande visibilità e quindi, attirando l’attenzione, sono in grado di dare una certa immagine: la sciatteria, il disordine, i pantaloni senza cinto, le camice, gli occhiali, non presentano bene il soggetto. Dev’essere d’esempio per i giocatori l’arbitro che sistema la maglietta dentro i pantaloni, che sfoggia un bel cinto, scarpe in tinta e un bel fischietto. La divisa degli arbitri di pallacanestro è la stessa in tutto il mondo: maglietta grigia, pantaloni, calze e scarpe nere; giusto la casacca cambia a seconda anche delle classificazioni federali sui gradi. Per le categorie superiori, soprattutto serie professionistiche, si applica quello che abbiamo già trattato circa la neutralità: il rispetto per le squadre, giacca e cravatta prima di cambiarsi negli spogliatoi. La neutralità è importante da questo punto di vista anche per la formalità che bisogna tenere nei rapporti in campo. Non dimentichiamoci che c’è un codice etico da rispettare e che orecchini, braccialetti, collanine e bigiotterie varie vanno tolte prima di imporlo ai giocatori, è sempre passibile di provvedimenti, oltre a ledere notevolmente all’immagine.
Quindi anche la cortesia verso le squadre. Sicuramente non bisogna lasciarsi calpestare i piedi da nessuno e rispondere sempre pan per focaccia ad atteggiamenti maleducati e strafottenti, però dev’essere solo una risposta, dall’inizio bisogna essere cortesi.

 

l’Arbitroultima modifica: 2020-04-23T16:30:35+02:00da sedda-co
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