Fesibùc

A luglio 2014 pubblicavo un’interessantissima nota di facebook frutto di documentate letture. La ripropongo nuovamente e integralmente perché ancora molto utile.


In questi ultimi giorni sono riuscito finalmente a leggere alcuni link, riguardanti lo stesso titolo, che mi ero salvato naufragando per internet. L’uso di questo social network è stato anche oggetto di attenzione in un raduno dell’associazione di scaut cui sono iscritto da quando ero bambino! Mi dispiace che proprio quella volta non ci fossi…, però ora mi sono aggiornato! A 15 anni appresi proprio dalla rivista associativa che quell’anno facebook incrementava gli iscritti del 117%, io però vi sono entrato solo 7 anni più tardi.

Per impostare un discorso serio individuiamo preliminarmente i luoghi comuni sul tema, secondo un esaustivo elenco presentato in un articolo divulgativo della rivista scientifica Erikson [da me consultata nella biblioteca di Facoltà]. Il decalogo di banalità raccoglie i seguenti punti:

  1. Facebook sostituisce il mondo reale – Senza sviluppare questo pensiero, l’autore afferma che tale spazio web somiglia invece al cortile dellaricreazione, dove gli alunni sono liberi di parlare e giocare.
  2. Non si riflette sui rischi – La percezione di sé è legata alla visibilità, i dati personali sono di pubblico dominio, si apprezza e condivide in maniera acritica…
  3. Gli adolescenti sono molto creativi in Internet – Al contrario si presentano più come pubblico di consumatori che partecipanti attivi, per nonessere esclusi bisogna omologarsi alla moda dominante o i modelli più popolari
  4. Sanno fare tutto senza bisogno di impararlo – Non sono utenti consapevoli e ignorano i meccanismi della rete
  5. Chi usa i social network ha meno rapporti nel mondo reale – Anche se fosse non sarebbe per responsabilità del social. Al contrario, l’uso corretto implementa i contatti esistenti, permette di stabilirne di nuovi, recupera i vecchi persi
  6. I rapporti in rete sono meno autentici che nella vita reale – Il modello di interazione “face to face” dal vivo è più ricco rispetto alle interazioni a distanza. Ma la maggior quantità di informazioni dell’interazione fisica non toglie autenticità all’altra
  7. Facebook rende meno esigenti circa la qualità delle relazioni nella vita reale – Se nella vita reale i rapporti si regolano con la prossimità fisica, al contrario su internet si scelgono secondo interessi condivisi; perciò l’asserto pare fallace
  8. Chi navigamolto nei social network si instupidisce o si deprime – L’idea è che il social network porti alla costruzione di un mondo parallelo e isolato da quello reale. Questo è il principale pericolo dell’uso improprio del social, come si andrà schiarendo nella dissertazione.
  9. Su facebook si perde la stima di sé – Succede quando si fallisce nella costruzione del proprio capitale umano (l’insieme di contatti come risorsautile)
  10. Facebook fa ammalare – Dulcis in fundo, lo strumento digitale può migliorare le competenze sociali attraverso l’esperienza che include appunto gli sbagli da superare

Le antitesi a questi punti critici andranno schiarendosi lungo il discorso.

Che l’Uomo sia un essere sociale è un dato comunemente accettato, l’importanza dei rapporti sociali nella vita ha una rilevante influenza sul nostro benessere psicologico. Le interazioni sociali virtuali mediante strumenti telematici sempre più avanzati, rientrano appieno nella comunicativa che intesse le nostre trame relazionali e hanno pertanto il loro peso. Ma quali sono le differenze tra un’interazione online e una in carne e ossa? La quantità di informazioni non verbali è l’aspetto principale, tenendo presente come siano incontrollabili al mittente (e quindi sincere). Altresì l’esperienza reale coinvolge l’intera persona, lasciando un segno più profondo di gratificazione o delusione, ecc. Nei momenti in cui cresce la quantità di relazioni telematiche nella propria vita sociale, aumenta parimenti la quota d’importanza di questa ragnatela virtuale per il benessere succitato. Di contro si potrebbe dire che l’influenzabilità dell’umore sia relativa alla categoria di persone “utenti-fb”, ma vorrebbe dire considerare persone labili tutti coloro che usano costantemente il social.

Un esempio di come il social network influenzi il nostro stato d’animo, ci arrivada uno studio condotto dal Data science team del social network, insieme alla University of California e alla CornellUniversity e pubblicato sull’autorevole rivista internazionale “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

I ricercatori hanno alterato per un’intera settimana (11-18/01/12) l’algoritmo che determina cosa veniva mostrato nella bacheca di 689.003 persone. Il gruppo cui apparivano stati negativi, nel periodo successivo pubblicava stati a sua volta negativi. L’esperimento ha dimostrato che le emozioni sono contagiose in ogni caso. Per di più ad avvalorare l’oggettività del risultato c’è il fatto che i soggetti sotto osservazione ne fossero del tutto ignari e, perciò, liberi da ogni condizionamento.

 

Un blogger americano non meglio identificato, tenta un’interessante classificazione razionale degli stati pubblicati dagli utenti-fb. Il criterio principe che articola le categorie, risiede nella percezione dello stato da parte del lettore: «uno stato-fb è “molesto”  se gratifica principalmente l’autore e non offre nulla di positivo a chi lo legge». Esaminando il concetto e il suo campo di applicazione, esplica la sua teoria.

Le qualità di uno stato non molesto sono:
– Interessante / informativo / stimolante
– Divertente / spiritoso / piacevole

Le caratteristiche di uno stato molesto sono indeterminate perché viziate da una molteplicità di significanti:
– Costruzione dell’immagine di sé. L’autore vuole plasmare l’idea che le persone hanno di lui
– Narcisismo. Forma di autoesaltazione mediante espressione della propria autostima
– Bisogno di attenzione. Semplicemente detto
– Induzione all’invidia. Evidente di per sé
– Solitudine. Diffusione della propria tristezza alla ricerca di conforto o commiserazione

N.B.Tali categorie si riferiscono agli stati e non ai soggetti scriventi, tali criteri non classificano le tipologie di utenti. Mosso da suddette motivazioni chiunque può pubblicare stati molesti, quando fa un uso improprio dello strumento. Lo stesso autore tiene a sottolineare che le motivazioni sono naturali, è invece inadeguato il mezzo di espressione Facebook.

Da ogni motivazione scaturisce l’espressione di differenti stati a esse riconducibili, specificati nelle seguenti tipologie di stati molesti:

  1. Vanteria. È l’ingrediente principale dei comportamenti impertinenti su Facebook, tanto da poter essere suddiviso in tre sottosezioni:

– tipo «ho una vita meravigliosa» sia a un macrolivello (avanzamento di carriera,laurea, evento soglia…) che a un microlivello (bel viaggio, week-end fuori, seratine…)
– il tipo dissimulato è più sottile di quello smaccato anzidetto, è vanagloria non palese ma camuffata, mascherata o indiretta
– tipo «ho una relazione fantastica», declamazione pubblica di sentimenti reciproci

  1. Rivelazione criptica. Annuncio al mondo di un avvenimento della propria vita, precisato solo dopo innumerevoli domande. Il processo di svelamento pone l’autore in posizione di celebrità, protagonista tormentato, principessina adorata da tutti, fidanzata isterica di 800 persone…
  2. Aggiornamento letterale. Informare tuttidelle azioni in corso, come confusione tra Facebook e Grande Fratello, o utilizzo del social-network come un’agenda pubblica.
  3. Messaggio privato pubblicizzato. Pubblicazione di uno stato contenente un messaggio per una persona specifica, sull’altrui bacheca o la propria con relativo tag del destinatario.
  4. Discorso da Oscar. Effusione sentimentale verso più persone, senza però motivo evidente al ricevente.
  5. Opinione lapalissiana. Ennesima riproposizione di opinioni altrui
  6. Passo di illuminazione. Perla di saggezza di cui non si intravede il significato attuale

Quando un post non rientra in nessuno dei livelli di interesse individuati dall’autore (tuo, di tua mamma, dei tuoi migliori amici, dei tuoi amici-fb), il suggerimento che diamo al lettore onde evitare le “molestie” mentali, è di non leggere gli stati in oggetto. Se non esiste un tasto ‘non mi piace’, la migliore soluzione è esercitare la facoltà di ignorare. Saranno infatti le persone più care all’utente mittente (in percentuali ridottissime dell’elenco contatti) ad interessarsi a lui, senza che faccia ulteriore mostra del peggio di sé.

 

Per descrivere un tipo di uso intelligente di Facebook, mi servo dei risultati ottenuti dal Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale 2009 (finanziato dal MIUR), svolto effettuando 120 interviste di profondità su un campione per quote rappresentative delle variabili di genere, età, professione, distribuite in modo uniforme tra nord, centro e sud Italia. Per fare un sunto delle biografie narrate dagli intervistati, si è costruito un quadrante attorno a due variabili: self presentation e social connections. Chi fa un “uso intelligente” del social network sta attento ai contenuti postati e condivisi, realmente connessi con la vita corrente; più o meno consapevolmente adotta delle strategie comunicative che ho riassunto di seguito.

La presentazione di sé all’audience non anonimo dei propri amici può essere:

  1. selettiva orientata all’esclusione: l’esigenza di tenere separate le diverse appartenenze sociali (hobby, sport,volontariato, lavoro…) distingue il pubblico e il privato, producendo contenuti rivolti a un target definito
  2. unitaria orientata all’inclusione: usa una retorica della trasparenza, spontaneità e autenticità come scelta riflessiva consapevole, accettando le logiche del social-network senza preoccupazioni di privacy

Le attività comunicative hanno la loro ragion d’essere nelle connessioni sociali (c.d.“friendazione” telematica)

  1. alta eterogeneità: nelle cerchie di contatti sitrovano reti sociali appartenenti a diversi ambiti di vita
  2. bassa eterogeneità: i propri contatti appartengono a omogenei contesti di relazione

I – Sono utenti che comunicano con un pubblico eterogeneo ma vogliono preservare degli ambiti di séricorrendo a due possibili strategie: pubblicare solo contenuti che vadano bene per tutti, oppure utilizzare le visualizzazioni personalizzate
II – Con la massima riservatezza di sé si rivolgono ad un pubblico selezionato, chiudendo all’esterno
III – Si rivolgono apertamente a network ampi e differenziati, senza mantenere una sfera privata
IV – Il network limitato e omogeneo permette di presentarsi senza filtri

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La visione teorica così ordinata tuttavia non azzera la complessità del reale. Esempi eloquenti sono il caso del preside ligure che ha vietato ai docenti del suo istituto di essere amici-fb degli studenti, oppure Obama che ha disattivato il profilo-fb delle figlie per motivi di privacy. La domanda torna perentoria considerando quanto c’è di vero nelle criticità messe in luce all’inizio: sono attribuibili a Facebook in se stesso? Oppure all’uso che ne fanno gli utenti?

Casca a fagiolo per pertinenza ed efficace realismo, uno stato che mi è casualmente capitato di leggere. Entrando nel merito del discorso, abbraccia appieno tutte le categorie di stati molesti e rispettive motivazioni, riassumendo importanti aspetti etici delle tecniche comunicative suddette. Rappresenta una perfetta sintesi del discorso, col pregio di esprimersi secondo il medesimo codice comunicativo, al punto da potersi considerare uno status modello.

Appena vi fidanzate lo annunciate su facebook e non pubblicate altro che foto assieme, il tutto condito con cuoricini, bacini e fiorellini. Poi vi lasciate e pubblicate solo massime su quanto è bello essere single, stati in cui sputtanate i vostri neo-ex e foto di voi in palese coma etilico intitolate “bella vita dasingle” o “gli amici sono tutto x me, la vodka pure”. Dopo 2 settimane circa trovate un nuovo “grande amore”, mollate gli amici (che erano tutto fino a ieri) e ricominciate a fracassare le palle con foto, cuoricini e fiorellini… Da parte mia comprensione zero

 

Una trattazione a sé stante meriterebbero altre operazioni cui si presta il sistema, come l’attività di spionaggio diogni ‘mi piace’, tag, commento, partecipazione e condivisione. Tale attività comporta significativi risvolti sul piano relazionale che dovrebbero appunto essere approfonditi separatamente.

Un altro aspetto importante non ancora considerato è la funzionalità comunicativa. L’inarrestabile progresso tecnologico ha portato al potenziamento dei servizi, evolvendo la stessa natura del socialnetwork come si configurava in origine. Facebook può essere anche tascabile se usato dal cellulare negli interstizi di quotidianità. Chi lo usa come meromezzo di comunicazione, fa della chat un’alternativa alla telefonata, magari utile per organizzare appuntamenti last-minute. È aggiornamento in tempo reale e a portatadi mano, anche senza esporsi a pubblicare. Permette di conoscere il racconto mediale che gli altri fanno della propria vita, cogliendo l’evoluzione biografica (“lifestream”) come un flusso cronologicamente ordinato di pensieri, messaggi, immagini.

 

Come dicevo in apertura, l’argomento di questa trattazione è stato oggetto di attenzione in ambito scaut, al punto da dedicargli interi blog su internet (v. p.es. scoutismoaltempodellarete.wordpress.com). Ciò è quanto mai indicativo della rilevanza che assume anche questo tipo di comunicazione entro un gruppo omogeneo. Posto che il principale canale di comunicazione deve essere la prossimità fisica, un problema sarebbe quando si possa surrogare al mezzo telematico. I rischi verso i ragazzi-destinatari sono che venga meno l’esempio, la deresponsabilizzazione, l’imprevedibile effetto dei messaggi; trasformare, poi, i rischi in possibilità è l’arte del Capo.

Facendo propria l’identità scaut, sappiamo come diventi un modo di essere che permea tanti aspetti dell’agire e del pensare. Così si usa dire che non si è scaut solo quando si indossa una divisa tre ore alla settimana, ma lo si è sempre ogni giorno, anche nello spazio antropologico che chiamiamo Rete. Per vivere nella realtà di oggi senza isolarsi in un mondo fuori dal tempo, dobbiamo esprimere le nostre capacità in attività e in ogni contesto in cui non siamo in uniforme, inclusa la rete. Come portare dunque il nostro stile scout anche in internet? Possiamo lasciare anche il mondo online migliore di come l’abbiamo trovato?

Gli spunti raccolti organicamente dai curatori del blog, compendiano diverse idee. I diversi rischi che inibiscono l’azione non sono né più né meno che quelli dellavita offline. Si può mantenere un certo stile anche nelle condivisioni, ma l’espressione migliore si ha nella capacità di generare contenuti originali, fonte di ispirazione per altri, che manifestino valori. Il significato della parola scouting (“esplorazione”) può contagiare anche i nostri lettori, stimolando a ricercare sempre più il benee il meglio, fino a trovarlo come noi magari nella natura o in un gruppo convalori condivisi.

 

Possiamo quindi considerare il social strumento sussidiario e propedeutico all’incontro nella realtà concreta. La differenza è fatta dunque dalla prossimità, dal farsi prossimo. Profonde e veraci parole le ha espresse anche Papa Francesco, nel suo messaggio per la 48^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Riferendosi ad internet ha scritto che «non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati […] La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell’ambiente digitale».

In un altro articolo, Chiara Giaccardi commenta lo stesso messaggio del pontefice dicendo: «la comunicazione è una conqui­sta umana, non un prodotto della tecnologia. La tecnologia può facilitare od ostacolare, ma non ci determina. Non usiamola quindi come alibi o come capro espiatorio di responsabilità che sono nostre». Alla luce di queste parole è presto svelato l’arcano delle domande iniziali: Facebook non è intrinsecamente malvagio, ha una qualità morale indifferente e finanche buona a seconda di come se ne servono gli utenti. A contraltare delle parole del Papa don Domenico Pompili aggiunge: «Per noi cristiani poi, chedel “farsi prossimo” dovremmo aver già fatto una ragione di vita, il messaggioè anche un altro e non meno impegnativo: non è possibile farsi prossimosenza “comunicare”! Senza tenerezza, senza silenzi e parole, senza gesti epresenza reale, non può esserci vera prossimità»; vicinanza e comunicazionesi integrano vicendevolmente.

Se rientrassimo negli stati a tipologia molesta, interpretati in modomagistrale dallo status su riportato, contraddiremmo essenzialmente l’assunto espresso dal Papa. Alla vanagloria si aggiunge il bisogno di approvazione, una malintesa solidarietà, per scaricarsi la coscienza che si concentra in cose amene, sì da distrarsi da ciò che si fa sentire come più importante. Quello che si cerca in modo errato nel mondo di oggi, però, ha una nuova proposta sempiterna in Gesù attraverso un momento in cui solo il Signore ha accesso alla nostra nudità, dove le apparenze svaniscono, dove si scopre il cuore, dove contano solola Grazia e il perdono amorevole del Signore: il sacramento della Riconciliazione. Non è il luogo del rimprovero ma della comprensione, non quello dell’apparire ma quello dell’essere, non quello del giudizio ma quellodella misericordia; lì si capisce cosa significano le braccia aperte del Padre celeste. Lì si permette che le lacrime scorrano sulle guance e ripuliscano l’anima; esse saranno testimoni di ciò che Dio realizza dentro ciascuno per poter vivere una relazione intima affettiva con lui e sperimentare cosa significa sentirsi amati davvero, perdonati, accolti e non condannati. Ci sono spazi e momenti della vita in cui è cosìnecessario essere noi stessi che non possiamo fare altro che stare davanti a Dio con tutto ciò che abbiamo voluto nascondere agli occhi del mondo. È lì che ci abbraccia con la tenerezza che gli è propria e accosta la sua guancia sulla nostra come un padre che prende in braccio il figlio, e ci dice sussurrando all’orecchio: «A me non devi nascondere nulla, ti amosemplicemente come sei».

Da ultimo uno studio dell’Università del Colorado riportato dal corriere.it (il 25/04/14), sistematizza iprincipali motivi delle rimozioni dai contatti (“unfriend”): i commenti di parte su religione o politica, i contenuti non interessanti (v. sopra), comportamenti paralleli nella realtà; Facebook è infatti un ambiente di “relazionalità ancorata” (Zhao 2006) in cui le relazioni online si basano anche su quelle offline e si miscelano con nuovi rapporti. Per quest’ultimo punto andrebbe sviluppato l’aspetto di come la comunicazione telematica (diretta e indiretta) si correli all’incontro nella vita reale, ma la portata dell’argomento non lo consente in questa sede. Lo studio americano ha evidenziato anche l’impatto emotivo della rottura di un’amicizia, che potremo definire semplicemente devastante.

 

Non so se vi sia piaciuta questa mia nota, personalmente non prevedo tanti ‘mi piace’, però io mi son divertito a scriverla perché l’ho trovata interessante, stimolante e piacevole. Ora che avete finito di leggere se non foste d’accordo con me e voleste rimuovermi dalla vostra rete sociale, vi prego per cortesia didarmi almeno il tempo di salutarvi ;-D

https://www.youtube.com/watch?v=h6cUfQQMG4g

Fesibùcultima modifica: 2020-04-13T18:53:29+02:00da sedda-co
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