Come mai non sapete riconoscere questo tempo? (Lc 12,56)

Con il discorso alla Curia romana nell’imminenza del Natale 2005, Benedetto XVI ha posto all’ordine del giorno della vita della Chiesa la corretta interpretazione e la conseguente applicazione dei documenti del concilio Vaticano II: “Perché la ricezione del concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del concilio o – come diremmo oggi – dalla sua giusta ermeneutica, dalla chiave di lettura e di applicazione […]. Da una parte esiste l’interpretazione che vorrei chiamare ermeneutica della discontinuità e della rottura; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall’altra parte c’è l’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa […]. L’ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa pre-conciliare e Chiesa post-conciliare. Essa asserisce che i testi del concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del concilio. Sarebbero il risultato di compromessi nei quali, per raggiungere l’unanimità, si è dovuto ancora trascinarsi dietro e riconfermare molte cose vecchie ormai inutili […]. Proprio perché i testi rispecchierebbero solo in modo imperfetto il vero spirito del concilio e la sua novità, sarebbe necessario andare coraggiosamente al di là dei testi, facendo spazio alla novità nella quale si esprimerebbe l’intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del concilio […]. In tal modo, ovviamente, rimane un vasto margine per la domanda su come allora si definisca questo spirito, e di conseguenza si concede spazio ad ogni estrosità”. Non c’è dubbio, e il Papa lo afferma chiaramente, che l’ermeneutica della discontinuità sia andata per la maggiore in questi quarant’anni. Ed è ugualmente evidente che i paladini della discontinuità hanno fatto della “nuova” messa il loro vessillo. Di fatto mettere in discussione il valore e l’opportunità delle scelte della riforma liturgica post-conciliare ha significato mettere in discussione lo “spirito del concilio”, cioè la sua portata innovativa, quindi la più positiva. Da questo all’essere accusati di tendenze “lefebvriane” il passo è breve. E dato che a nessuno piace passare per reazionario e vedersi appiccicare antipatiche etichette, di fatto un dibattito aperto e sereno su questo tema è stato impossibile.

(Claudio Crescimano, La Riforma della Riforma liturgica, Fede & Cultura, 2012)

 

Come mai non sapete riconoscere questo tempo? (Lc 12,56)ultima modifica: 2023-01-27T11:50:00+01:00da sedda-co
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