Veni Domine, et noli tardare

“Vieni Signore Gesù” è l’invocazione che accompagna l’Avvento e risuona ogni sera nelle antifone maggiori, sino a chiudere l’Apocalisse, l’ultimo libro della Bibbia con le parole: “Maranatha, vieni Signore Gesù!”. Il Signore però è già venuto una volta 2020 anni fa; la prima venuta è già passata quando è venuto sulla terra. Noi ci troviamo ora nella seconda venuta, purché ci teniamo in condizioni che egli possa venire a noi e prendere dimora presso di noi, come dice Gesù nel Vangelo (Gv 14). La futura terza venuta è certo che avrà luogo ma incerto quando: poiché non vi è niente di più certo che la morte ma niente di più incerto del giorno in cui moriremo.
Il verbo attendere in latino indica dinamismo (‘tendere a’) e ciascuno andando incontro alla fine, al Signore che viene, si preoccupa di arrivarci degnamente e, propriamente parlando, “in grazia di Dio”. Non c’è possibilità di speranza e di gioia se gravati dal peccato, occorre ritornare al Signore con tutto il cuore nell’attesa della sua venuta. La vigilanza richiede di lottare contro torpore e negligenza, di essere sempre pronti al suo ritorno. La predicazione del Battista è appunto un richiamo alla conversione per preparare le vie al Signore.
Un evento che si celebra ripetutamente non cambia ogni volta significato, però in tempi diversi comunica “cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Da vertici internazionali è arrivato il suggerimento di celebrare in streaming il funerale senza canti di Gesù Bambino. Nel contesto socio-politico del massimo rispetto per ogni depravazione e devianza, mentre torna prepotente l’azzeramento sessantottino del giusto e sbagliato, noi precisiamo di celebrare il Natale nel massimo rispetto anche di chi non ci crede e, anzi, vorrebbe privarci. A dispetto dell’aborto mancato, in mezzo a tanti divieti, questo Natale dà ancorpiù gioia a poter celebrare la venuta di Cristo. Meno regali da Babbo Natale in favore di più grazie spirituali. Se a Natale si può sentire maggiormente la solitudine in mancanza di affetti, tra coprifuoco e spostamenti vietati, oggi finalmente si può contemplare il Bambinello e sentire più vicino il Signore. Il bambin Gesù esprime il realismo della carne, rivela un Dio che non si limita a guardarci dall’iperuranio.
Chissà Dio come si sente quando vede noi esserini che emaniamo decreti e speriamo la salvezza da una mascherina. Davanti alle diffuse psicosi da covid, meglio pensare col dottore angelico che Dio non provi sentimenti di pena, dolore, rabbia, perché è puro amore. Dunque ama pure la miseria di chi sceglie l’isolamento volontario, con detrimento del prossimo nella vita sociale. Lo diciamo però con educazione, posto che va sempre tutto bene e se qualcosa va male non è colpa di nessuno, o almeno non sarà colpa mia. Sembrano discorsi assurdi, ma chi mai immaginerebbe una famiglia di delinquenti che querela una comunità religiosa? Oppure proroghe infinite a sacramenti?! Sono realtà del mondo alla rovescia, la Chiesa sottosopra, a soqquadro come racconta certa editoria sempre meno scandalistica.
Ci sono i cristiani che fanno della sofferenza la propria gioia, perché sanno che il male non è a causa loro. Ma ci sono pure i cristiani fessi e contenti che, mentre pensano al gaudio del paradiso, scopriranno lì la falsa pace dei peccatori. Così mentre vivono tutti assieme nella medesima comunità dei credenti, gli uni permettono agli altri di farsi santi, perché chi subisce si vergogna per chi commette. Quante volte comportandoci da bravi cristiani facciamo la parte della pecora? Ma è giusto, perché “meglio un giorno da leone che cento da pecora” non è proprio un detto evangelico. Quante volte per le pareti delle chiese risuonano battibecchi e infamie, si fa eco dai pulpiti a scandali e polemiche. Ma le critiche si smentiscono coi fatti; che senso avrebbe moltiplicare le parole se l’azione dice tutt’altro? Una sovrabbondanza di ipocrisia che svende la rettitudine, perché chi si compra con la menzogna vale assai poco.
In tutto questo è davvero sincera la preghiera a Gesù Bambino perché ci “doni luce e infonda pace nei cuor”. Lumi per vedere bene che Dio nell’ultimo giorno non userà i nostri criteri personali di giustizia. Pace perché sia lui “grazia e fortezza, mio rifugio e mia liberazione” (Sal 143,2). La luce che dirada le tenebre, per contrasto evidenzia le nostre macchie; l’amore di Dio si dimostra per come continui a salvarci dalle conseguenze degli errori che commettiamo. La pace si ha rimettendo alla giustizia divina il male subito, potendo scegliere di santificarci come pure dannarci. Il Padre eterno infatti manda suo figlio sulla terra, non potendo lasciare la signoria al principe di questo mondo, per mostrare la via verso il cielo. Il Natale è il principio del “lieto annuncio” che si completerà in futuro: “Colui che attesta queste cose dice: «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20).

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Veni Domine, et noli tardareultima modifica: 2020-12-04T17:48:54+01:00da seddaco
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